Presente!
La
mattina del 4 novembre, in occasione della commemorazione dei Caduti
in guerra, del Milite ignoto e della celebrazione della ricorrenza
delle Forze armate e dell’Unità nazionale, gli alunni delle classi
quarte dell’indirizzo Scienze umane, in rappresentanza di tutti gli
alunni del Liceo Amaldi-Doria, accompagnati dal Dirigente scolastico,
Prof. Giampaolo Bovone, e dalla Prof.sa Simona Delfino, insegnante di
filosofia e storia, si sono recati presso il monumento ai caduti nei
giardini pubblici di Piazzale Partigiani, a Novi Ligure.
Erano
presenti alla celebrazione di tale ricorrenza le autorità cittadine,
il Sindaco, Rocchino Muliere, le associazioni combattentistiche, i
partigiani, gli Alpini, insegnanti e alunni delle scuole primarie e
secondarie di primo grado della città. Tre alunni del Liceo delle
Scienze umane hanno proposto alcune riflessioni sul significato e il
valore di questa ricorrenza.
Di
seguito viene riportato il testo redatto dall’alunna Silvia
Falcione (IV G) e presentato con la collaborazione degli alunni
Francesco Perrone e Macarena Ruax (IV M). La
prima osservazione riguarda il modo
con cui ci rapportiamo a questa ricorrenza. Non siamo più legati a
semplici impressioni infantili, siamo ormai grandi, non possiamo
pensare che un giorno di festa sia sempre comunque un giorno di
festa, a prescindere dai motivi, trascorriamo questa giornata in modo
consapevole. Quest’anno, inoltre, per noi è diverso e migliore
degli altri anni: per la prima volta siamo chiamati a partecipare a
celebrazioni ufficiali nel nostro comune di Novi Ligure e possiamo
sentirci parte integrante nell’assistere ad una importante
commemorazione, vivendola dall’interno, non solo come spettatori,
ma anche come attori. Non la viviamo attraverso le immagini viste
sullo schermo della televisione, magari, anche in modo distratto,
durante il resoconto di un telegiornale serale, ma prendendo parte ad
un’iniziativa organizzata qui, sul nostro territorio, vicino a noi,
vicino alla nostra scuola, vicino ai luoghi che frequentiamo
quotidianamente. Questo ci aiuta ancora di più a soffermarci a
pensare e a riflettere. E
questo ci sollecita a fare una seconda
osservazione: occorre riflettere sul
significato di questa
festa nazionale. Il 4 novembre nasce come la festa che ricorda il
cosiddetto armistizio di Villa Giusti, quindi ci riporta ad una data
precisa, il 4 novembre del 1918, con la quale in Italia si indica la
fine della Prima guerra Mondiale. Questa data, come altre date
importanti, ci parla quindi della nostra storia; se, per assurdo, non
ci fossero giornate da commemorare, il nostro paese sarebbe privo di
storia, quindi privo di una sua identità nazionale. Così come
ognuno di noi festeggia il proprio compleanno e le ricorrenze
significative per la sua vita, anche la Nazione ha bisogno di
festeggiare alcune giornate che segnano tappe importanti per la sua
“vita”. Fino alla metà degli anni Settanta questa giornata era
considerata festiva, il fatto che oggi non lo sia più non ci deve
fare “perdere la memoria” di quelle centinaia di migliaia di
soldati caduti in combattimento, di quei ragazzi che cent’anni fa
avevano più o meno la nostra età che hanno perso la vita per un
ideale di patria e un serio attaccamento al dovere. La
terza osservazione
riguarda il nome
attribuito a questa ricorrenza che esplicita il valore di ciò che
ricordiamo: in questa giornata rendiamo omaggio alle Forze armate,
che hanno reso possibile la vittoria dell’Italia, ma celebriamo
anche l’Unità nazionale raggiunta in modo più compiuto al termine
della Prima Guerra Mondiale e inoltre commemoriamo il Milite ignoto,
ricordando tutti i soldati morti in guerra e mai identificati. E la
denominazione di questa ricorrenza ci offre ulteriori spunti di
riflessione: celebriamo spesso qualcosa di positivo, raggiunto, però,
a seguito di sofferenza e morti. Se pensiamo a questa e ad alcune
altre date troviamo un denominatore comune: il 4 novembre, la fine
della Prima Guerra Mondiale, il 25 aprile, la fine, per l’Italia,
della Seconda Guerra Mondiale e del Fascismo, il 27 gennaio, la fine
degli orrori di Auschwitz: commemoriamo quasi sempre la fine di
qualcosa di estremamente negativo. Ciò ci spinge a chiederci: Ma
perché questa catena di episodi dolorosi? Perché gli uomini hanno
fatto e continuano - come è evidente in un’epoca come quella
attuale ancora carica di tensioni e di guerre - a fare del male e a
farsi del male reciprocamente? Dal ricordo del passato, però,
vogliamo trarre un messaggio di speranza, pensando che dalla
consapevolezza delle sofferenze provocate dalle guerre, si senta
forte il bisogno di costruire un’epoca di convivenza e di pace tra
i popoli. Infine
concludiamo come avevamo iniziato: siamo consapevolmente qui presenti
oggi, e possiamo anche noi esclamare come quei ragazzi di cent’anni
fa “presente!”, (come ripetuto su ogni tomba nel Sacrario
militare di Redipuglia). Loro, da soldati, erano presenti sul fronte
ad agire, a rispondere alla “chiamata della storia”, hanno
combattuto per garantire anche a noi un’epoca di sicurezza e di
pace e noi siamo qui presenti per ricordare il loro sacrificio. Anche
noi oggi, a distanza di un secolo, possiamo e dobbiamo rispondere,
come hanno fatto loro: “presente!”. Qui oggi e anche di fronte
agli eventi della storia, dobbiamo essere presenti con il nostro
impegno nel cercare di non essere indifferenti a quello che ci capita
attorno: il nostro ricordo di oggi deve trasformarsi in azione per
contribuire a costruire un mondo migliore, senza più guerre.
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